lunedì 28 settembre 2015

E TU....SAI ASCOLTARE?

 

Quando si parla di comunicazione tutti pensano a qualcuno che parla e pochi invece si concentrano sulla vera competenza alla base della comunicazione: l'ascolto.

Siamo tutti bravi a parlare ma pochi possono dirsi realmente dei bravi ascoltatori.
 
La capacità di ascolto sta innanzitutto nel sapere cosa significhi realmente ascoltare: trattenersi volontariamente ed attentamente ad udire..prestare la propria attenzione a qualcuno o qualcosa in quanto spunto di riflessione.
 
Ascoltare e sentire sono due attività molto diverse fra loro. Un buon ascoltatore "non sente"...ascolta con partecipazione.
 
Possiamo classificare le tipologie di ascolto in quattro classi, le prime due non possono ritenersi buone modalità di ascolto, mentre le ultime due sono indubbiamente coinvolgimenti attivi e validi:
 
  1. ASCOLTO PASSIVO: è quello che mettiamo in atto quando semplicemente udiamo...sentiamo che qualcuno sta parlando ma non ci concentriamo sull'altro. E' il tipo di ascolto che mettiamo in atto, ad esempio, quando stiamo guardando la TV e qualcuno viene a farci domande.
  2. ASCOLTO SELETTIVO: è il tipo di ascolto in cui "selezioniamo" da quello che ci viene detto solo ciò che ci interessa, lo depuriamo quindi da tutte le informazioni che reputiamo non valide. E' il tipo di ascolto che mettiamo in atto quando abbiamo a che fare con interlocutori logorroici oppure quando siamo prevenuti sul nostro interlocutore.
  3. ASCOLTO RIFLESSIVO:è un buon tipo di ascolto e consiste nel riformulare (riflettere...mirroring..) al proprio interlocutore ciò che si ha compreso. La riformulazione che si apre con frasi tipo: "Quindi se ho capito bene..." " Mi stai quindi dicendo che.." è utilissima perché riesce a dare l'immediata percezione all'altro che è avvenuto un ascolto interessato. Fare chiarezza con le nostre parole e la nostra logica mentale può anche aiutare il nostro interlocutore a comprendere meglio ciò che aveva detto perché è come se lo rivedesse messo in ordine. Attenzione solo a non metter in bocca al proprio interlocutore parole o significati che non ha detto o non voleva dare. Per questo dovremmo esercitarci un po' a non essere giudicanti.
  4. ASCOLTO ATTIVO: è l'ascolto in cui si ascolta sino in fondo, senza interrompere incoraggiando il proprio interlocutore. Incoraggiare significa cogliere i punti in cui ha dato enfasi (con lo sguardo, con la voce, con i gesti..) e fare domande per capire meglio e invitarlo a continuare.
 
Per essere veramente efficace un ascolto dovrebbe essere reattivo ed empatico!
 
Reattivo nel senso che prevede continui feedback che hanno l'obiettivo di "rinforzare" l'interlocutore all'approfondimento;  Empatico perché deve porsi l'obiettivo di mettere l'altro a proprio agio, a non farlo sentire giudicato e a instaurare un rapporto di fiducia.
 
 
 
 
Saper ascoltare significa possedere, oltre al proprio, il cervello degli altri.  (Leonardo da Vinci)

domenica 27 settembre 2015

LA COMUNICAZIONE E' LA CHIAVE..



Comunicare con successo non significa raggiungere tutti i propri obiettivi ed essere dei perfetti oratori, quanto piuttosto migliorare i rapporti interpersonali attraverso l’ascolto, l’osservazione e la calibrazione del nostro interlocutore.

 
Ecco la chiave: l’intenzionalità dell’osservatore a cogliere tutte le informazioni decodificabili attraverso lo guardo e l'ascolto.
 
Quindi parole e gesti (da osservare ed ascoltare con attenzione) sono le due componenti essenziali della comunicazione, ossia il linguaggio verbale e quello non verbale.
 
Comunichiamo tutti i giorni e lo facciamo con gli strumenti e le modalità che abbiamo appreso con l'esperienza...ma siamo certi di farlo bene?

La competenza linguistica non basta per poter affermare di essere bravi comunicatori, LA COMUNICAZIONE E' IN REALTA' RELAZIONE INTERPERSONALE, che significa che in ogni atto comunicativo passiamo un messaggio con le parole e uno con il corpo e con la voce.
 
Se i due messaggi (che arrivano contemporaneamente al nostro ricevente) sono congruenti fra loro, il ricevente ha una chiara idea di cosa abbiamo voluto comunicare anche in termini di relazione ma se non lo sono, il nostro ricevente è portato a credere di più a "come ho parlato" rispetto a "ciò che ho detto"..
 
 
 
 
La spiegazione a questa ricorrente situazione la fornisce Albert Merahbian che spiega come i codici verbali (contenuto), non verbali (gesti) e paraverbali (tono della voce) non si equivalgono ai fini dell’impatto sull’interlocutore[1]. Gli aspetti non verbali e paraverbali sono nettamente più importanti in termini di “impressione comunicativa” e pesano il 93% dell'atto comunicativo.
 
Interessante, vero? 


[1] A. Mehrabian (1972) Non Verbal Communication, Aldine Publishing Co., Chicago
 
 
 

venerdì 25 settembre 2015

ECCOCI..FINALMENTE!



ECCOCI..FINALMENTE!
 
Il blog può partire e si pone l'obiettivo di condividere passioni, conoscenze, curiosità nell'ambito della comunicazione, comunicazione non verbale e coaching.

A prestissimo!

Margherita